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Il teatrino degli irresponsabili

Il campionato avviato allo stop, tra le resistenze della Lega A e il ruolo della Figc

Matteo Fontana

Ieri il Verona ha perso, nel clima lunare del Ferraris, contro la Sampdoria, interrompendo un filotto di partite utili iniziato il 15 dicembre con il 3-3 in rimonta con il Torino.

Oggi i gialloblù riprenderanno ad allenarsi al centro sportivo di Peschiera del Garda. In teoria, li attende un tour de force, con tre gare da disputare in dieci giorni, a cominciare da quella con il Napoli, venerdì, al Bentegodi.

Ma, al momento, nulla si può dare per certo. Anzi: la Serie A, il calcio, è sul punto dello stop, perlomeno fino al 3 aprile. Il coronavirus, l'emergenza che comporta, non si ferma davanti alle porte chiuse. Altri sport, come il basket, hanno detto basta, usando quel buon senso che non alberga da tante altre parti.

Domani il consiglio federale straordinario cercherà di ricomporre un quadro caotico, fatto di spinte opposte e di enormi interessi. Ivan Juric, dopo la gara di Genova, ha espresso un'opinione che soltanto qualche bastian contrario d'accatto può considerare discutibile. Ovvero: siamo al ridicolo.

Gli scontri verbali tra il ministro Spadafora e il presidente della Lega A Dal Pino, le pressioni dei club, la posizione delle pay-tv non agevolano un'intesa.

Di sicuro, avanti così non si può andare. Il calcio deve decidere in maniera condivisa. E la politica è pronta ad intervenire: proprio Spadafora l'ha fatto capire. Ossia, se non ci penseranno le istituzioni del pallone, si fa più che plausibile che sia il Governo a valutare di decretare il blocco dei campionati.

La Figc ha un ruolo di mediazione, che coinvolge anche l'Aic, da giorni chiarissima, tramite le parole del suo presidente, Damiano Tommasi, su quel che ritiene improrogabile: fermare il calcio.

Intanto la preparazione e gli allenamenti proseguono. Fino alla prossima puntata di un teatrino sconcertante che rispecchia amaramente i costumi di un Paese che non sa cosa voglia dire assumersi delle responsabilità e in cui tutto quello che non va è sempre e comunque colpa di un altro. E questo, tanto per non essere equivoci, riguarda, senza eccezioni, l'Italia intera.

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