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TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SULL’HELLAS (E NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE), I PROTAGONISTI

Ritratto breve dei personaggi che hanno animato il "romanzo" degli anni bui del Verona

Redazione Hellas1903

Rileggendo la storia dei tormentati ultimi anni di vita societaria del Verona, la prima cosa che salta all'occhio è la complessità dell'intreccio. Sono tante le figure che entrano in gioco, che muovono gli equilibri in una direzione come nell'altra. Ci sono quelli che appaiano, e di cui diamo conto, per sommi capi, in questo piccolo Baedeker o "Who's who?" dell'Hellas. Altri che restano nell'ombra, eminenze grigie che hanno usato il Verona come uno strumento di possibile interesse economico. Istituti di credito, grande imprenditoria cittadina, riferimenti politici trasversalmente schierati lungo l'arco "parlamentare". C'era il grano da fare, e pure parecchio, con la fusione e una colata di cemento al posto giusto nel momento giusto. Qualcosa ha fermato tutto: lo sapete, l'avete letto, l'avete vissuto. L'amore sopra l'oro. Questi sono i personaggi di un romanzo in cui la finanza applicata al calcio è l'anello di congiunzione tra tutte le parti. Football versus Business. A voi il giudizio finale: capirete chi siano stati i buoni e chi i cattivi. E come, al di là della retorica, non sia così scontato che gli uni siano quelli che tutti dicono e viceversa....  Giambattista Pastorello: manager

calcistico che ha fatto fortuna con il Parma di Calisto Tanzi. Rileva il Verona

nel 1998, con una trattativa che dodici anni dopo sarà presa in esame dalla

magistratura: il sospetto è che l’acquisto dell’Hellas sia avvenuto con soldi

della Parmalat, poi fallita. Resta al vertice del Verona fino al 2006. La

squadra perde quota e quando viene ceduta la società è ai limiti del crack.

Pastorello lascia il club in B, con le premesse per una stagione ad alto

rischio di retrocessione in C1. E le casse languono. Nella memoria storica

gialloblù, il presidente più detestato di sempre.

 PieroArvedi: compra il Verona da

Pastorello, dopo esserne stato socio di minoranza dal dicembre 2004, con il 20

percento delle quote. Imprenditore-contadino, poco meno che ottuagenario,

investe tra i venti e i trenta milioni di euro nell’Hellas, ma senza alcun

successo: nel 2007 il Verona piomba in C1, l’anno  seguente si salva dalla C2 ai playout. Si circonda di

consiglieri sbagliati. Agisce in buonafede, ma è vittima della propria stessa

ingenuità. Si affida infine a Nardino Previdi, che rimette in piedi squadra e

società. In tutti i modi si oppone ai progetti di fusione, quando viene

pressoché costretto a vendere a Giovanni Martinelli cerca un nuovo appoggio in

Massimiliano Andreoli. Potrebbe trovarlo, ma un terribile incidente stradale di

ritorno dalla trasferta di Cesena, il 21 dicembre 2008, lo porta al coma e un

lungo ricovero in ospedale. Spirerà il 20 marzo 2009. Grande cuore, enorme

(ammessa) incompetenza calcistica.Peppe Cannella: viene presentato da

ambienti politici veneti ad Arvedi, nei giorni in cui sta trattando l’acquisto

del Verona. Campano di Nocera Inferiore, è stato per anni uomo di fiducia di

Pasquale Casillo, industriale del grano accusato e poi prosciolto per

collusioni camorristiche. All’Hellas ingaggia subito una guerra personale con

Massimo Ficcadenti, con cui ci sono antiche ruggini. La partita la vince lui,

l’allenatore viene esonerato dopo una lunga serie di pessimi risultati. Ma il

Verona, dopo il cambio in panchina, nonostante un’incalzante rimonta condotta

da Giampiero Ventura, finisce in C1 ugualmente, sconfitto nel doppio spareggio

con lo Spezia. Cannella si dà ugualmente un otto in pagella, parla dell’Hellas

come della “Juve della C”. Ma dopo aver preso Colomba come allenatore il Verona

va sempre più a picco in terza serie: bastano poche giornate, a Sassuolo

Cannella è alla recita finale. Si dimette già a settembre del 2007. Mai

sopportato dalla tifoseria: viene visto come un nemico del Verona.

Massimo Ficcadenti: Dopo due anni al

Verona da tecnico è sul punto di andarsene al Brescia, nell’estate del 2006. Ma

rinuncia al trasferimento perché con Pastorello non c’è accordo sulla

liberatoria. L’innesto nella dirigenza dell’Hellas di Peppe Cannella, quando

Arvedi compra il club, incrina certezze e rapporti: con il diesse campano sono

scintille, i dissapori sono datati e riemergono subito. Cannella fa pesare il

fatto che Ficcadenti abbia diritto, per contratto, ad una percentuale sulle

plusvalenze tra acquisto e vendita dei giocatori. Poi gli fa la guerra

attraverso lo spogliatoio. I risultati sul campo, pessimi, portano all’esito

più inevitabile: esonero. Dopo un’esperienza balorda sulla panchina della

Reggina (allontanato dopo dieci partite in A) è lui a fare da spalla a

Martinelli nella scalata all’Hellas. Quando si accorge del progetto della

fusione si oppone con fermezza all’idea della proprietà, di cui è divenuto

consulente di mercato. Contribuisce ad affossare il piano, ma viene messo da

parte per prendere come direttore sportivo Bonato. Ritorna in panchina,

recuperando la sua posizione più naturale. Per il Verona fa molto, a volte

anche troppo.GiampieroVentura: guida la rimonta

dell’Hellas che manca per un punto la salvezza diretta, nel 2007, dopo essere

stato dato per spacciato. Lo spareggio con lo Spezia è uno psicodramma

collettivo. Lui, come allenatore, si rilancia a Verona, superando alcune

stagioni grame. Raccoglie 37 punti in 24 partite, proponendo anche buon calcio.

Aziendalista, elogia il mercato di gennaio condotto da Cannella, ma poi

riconosce i difetti mai corretti nella rosa. Al fischio finale del ritorno dei

playout, con una città in lacrime, ha già deciso di andarsene al Pisa.

Consumato uomo di calcio, tecnico carismatico e grande oratore.

FlavioTosi: sindaco di Verona

dal maggio 2007, si professa tifosissimo dell’Hellas, viene addirittura

acclamato dalla Curva Sud. Dopo la retrocessione in C1 dà ad Arvedi la

disponibilità ad aiutarlo per trovare nuovi soci che possano supportarlo. Si

vede anche con dei tifosi ed è il primo a far intuire che potrebbe esserci un

progetto per una squadra unica. Quando gli viene chiesto un commento in merito

la formula che adotta è unica: “L’importante è che si chiami Hellas”. Riguardando

le sue dichiarazioni dell’epoca, non si legge mai una presa di posizione ferma

contro il progetto della fusione.  Accortissimo politico.MassimilianoAndreoli: cerca a più riprese

di entrare nel Verona. Imprenditore del ramo dei rimorchi per camion, si

affaccia alla ribalta nell’estate del 2007, quando con l’appoggio di Tosi si

avvicina all’Hellas. Arvedi, però, non glielo cede, chiedendogli 16 milioni di

euro per il 100 percento del pacchetto azionario. Lui esce di scena, per

rientrarvi l’anno dopo. Il Verona sta per passare a Martinelli, che con Luca

Campedelli pianifica la fusione, Arvedi non ne vuole sapere e cerca un socio.

Lo individua in Andreoli: i due si incontrano e le possibilità per gestire

l’Hellas insieme non sono così ridotte. Ma il tragico scontro di Arvedi sull’A4

arresta tutto. Poi Andreoli tornerà a farsi sentire dopo i primi mesi con

Martinelli patron, una volta abortita l’idea della fusione. Ma la sua amicizia

con Mino Raiola, agente di giocatori come Ibrahimovic e Balotelli, e che

potrebbe inserirsi collateralmente nel Verona, induce Martinelli a respingere

gli inviti di Andreoli. Tanta buona volontà, ma non dà mai l’impressione di

avere carte realmente vincenti in mano.

 RiccardoPrisciantelli: da

responsabile del settore giovanile viene capultato al ruolo di direttore

sportivo in seguito alle dimissioni di Cannella. Suggerisce lui ad Arvedi di

puntare su Pellegrini come allenatore. L’arrivo di Galli lo riporta nel vivaio,

poi, col nuovo ribaltone, spinge per il ritorno a Verona di Nardino Previdi, di

cui è un fedelissimo. Nella ricostruzione dell’Hellas sceglie i giocatori da

ingaggiare. Alcuni sono buoni o molto buoni, come Parolo, Gomez e Bergamelli,

altri non avranno successo: Campisi, Conti, Da Dalt, Loseto, ad esempio. Se ne

va quando Martinelli acquista il Verona. Lavora con onestà per l'Hellas.

 GiovambattistaLancini: si presenta

come un imprenditore immobiliare della zona di Brescia. Incontra Arvedi e gli

prospetta un ampio investimento per rilevare il Verona. A novembre 2007 sembra

tutto fatto. Lancini parla da presidente, dice di un Hellas ambizioso con

programmi di mercato per risalire in alto. A seguire la direzione sportiva

della società sarà Giovanni Galli. Ma, dopo queste dichiarazioni, Lancini si

smaterializza. Scompare nel nulla, e quando si rivede è già marzo, arrestato

per truffa e condotto in carcere. Aveva cercato di comprare il Verona, come

raccontato da Arvedi, versando cinque milioni di euro falsi, accompagnato nella

villa del patron dell’Hellas da un non meglio qualificato personaggio vestito

da cardinale. Il Borgorosso Football Club aveva già più credibilità. E anche la

Longobarda di Lino Banfi. Tra il farsesco e il comico. PaoloeFrancescoCarino: fratelli che

vengono dall’Irpinia, hanno già tentato di dare la scalata all’Avellino e ci

riprovano con il Verona. Soltanto a parole, però: nell’autunno del 2007 fanno

registrare picchi di ascolto radiofonici parlando di un acquisto imminente

dell’Hellas, il cui marchio vogliono divulgare apponendolo su prodotti come

scooter e aspirapolvere. Ma di loro, in un batter di ciglio, nulla più si sa.

Spariti, dissolti. Tornano alla ribalta a luglio di quest’anno, arrestati in

Campania per truffa. Colpiscono per le chiome da Righeira, meritano il premio

come figure più bizzarre della storia societaria dell’Hellas. E la concorrenza

non è certo poca.

GiovanniGalli: da calciatore è

stato un portiere monumentale, bandiera della Fiorentina prima di vincere

scudetto e coppe con il Milan. Già in nazionale, da dirigente non ha

altrettanto successo. Al Verona arriva dopo essere stato contattato da teorici

acquirenti dell’Hellas, nel dicembre 2007. Rivoluziona lo staff tecnico

esonerando Davide Pellegrini e assumendo Maurizio Sarri. Cambia larga parte

della squadra durante il mercato di gennaio. Ma il Verona va sempre più in

basso e quando Arvedi decide di cacciare Sarri dà le dimissioni anche lui.

 

NardinoPrevidi: una specie di

santone e padre di una dinastia di direttori sportivi, ha lavorato con Roma,

Napoli e Fiorentina, tra le altre. Al Verona già è stato a metà degli anni ’90,

con lui l’Hellas ha riconquistato la A nel 1996. Ormai provato dalla salute

fragilissima, torna in sella con il club gialloblù a marzo 2008, quando la

retrocessione in C2 appare poco meno che inevitabile. Con la sua guida, però,

ecco la riscossa: prima l’aggancio allo spareggio con Davide Pellegrini come

allenatore, poi la salvezza al termine di un tiratissimo playout con la Pro

Patria. Ridisegna un Hellas a basso costo per evitare il tracollo finanziario e

renderlo appetibile. Anche lui fiuta il rischio probabile della fusione e si

mette di traverso all’operazione che poi porterà il Verona alla proprietà di

Giovanni Martinelli. Quando l’affare viene concluso, lascia definitivamente. A

giugno scompare, vittima dell’ennesimo malore. Severo, inflessibile, tirannico

e dai modi spicci, il suo contributo alla sopravvivenza dell’Hellas è pero

incalcolabile.

 

GianMarcoRemondina: allena il Verona da

luglio 2008 a maggio 2010. Uomo di forti principi e di grande dirittura morale,

non ha esperienza di piazze esigenti e questo non lo agevola. Comunque porta a

sfiorare i playoff un gruppo tutto nuovo colmo di giovani e, confermato poi da

Bonato per quanto non vanti grande considerazione sia da parte di una fetta

della dirigenza (Siciliano) e di un settore marcato della tifoseria, spinge l’Hellas

a dominare a lungo il campionato di Prima Divisione 2009-2010. Poi perde le

redini dello spogliatoio, la squadra entra in crisi fino a franare e perdere la

promozione con la sconfitta in casa col Portogruaro. Viene esonerato.

Eccellente persona, allenatore non geniale, ma neppure un bidone come descritto

talvolta.

 GiovanniMartinelli: a giugno 2008 avvia

la trattativa per rilevare il Verona. Non è un grande appassionato dei colori

dell’Hellas, a fargli gola è un altro progetto: larghe fette di potere

cittadino sono pronte a sostenerlo nella sua acquisizione con la promessa che

lui sarà un traghettatore. Dopo arriverà la fusione con il Chievo, ci sarà la

squadra unica. E, con essa, un nuovo stadio e una lottizzazione immobiliare

sontuosa. Martinelli è un imprenditore di medie dimensioni di Sandrà, l’offerta

è irresistibile. A gennaio, con Arvedi già da più di un mese in ospedale dopo

l’incidente di cui è stato vittima al ritorno da Cesena, il Verona passa di

mano. Ma Martinelli si accorge subito che qualcosa non va: la fusione non è

un’offerta così succulenta come aveva immaginato per la tifoseria dell’Hellas,

il salto in serie A non vale niente a confronto del solo pensiero di perdere la

propria identità e confondersi in un’unica realtà con il Chievo. Ha la

prontezza di fare marcia indietro, Martinelli, e investe milioni di euro per

rilanciare il Verona. Prima sfiora la B, poi la raggiunge. E la serie A è a un

passo e sfuma per inezie. Questo, mentre il presidente lotta con una prolungata

malattia che lo obbliga a continue cure e ad un delicatissimo intervento

chirurgico. Cambia molto: in tre anni e mezzo ha tre uomini mercato, quattro

allenatori, decine di giocatori. Rispetto a quel che pensava di fare nel

momento in cui ha acquistato l’Hellas è cambiato tutto. Cede dopo aver dato

tutto al Verona. Ha lavato il peccato originale dell’ipotizzata (e da lui tra i

primi voluta) fusione.

NereoBonato: lascia il Sassuolo

nella tarda primavera del 2009 e Giovanni Martinelli gli consegna le chiavi del

Verona. Direttore sportivo, ma nella sostanza anche generale, dell’Hellas che

punta alla risalita in B. Spende molto, compra giocatori di nome per la Lega

Pro. Dà fiducia a Gian Marco Remondina come allenatore, e tutto fila liscio

fino a marzo, quando il Verona inizia a perdere colpi. Lui si è già scontrato

con Siciliano, che è stato messo da parte, ma solo momentaneamente. Persa la

promozione con il Portogruaro, le sue mansioni sono ridotte. Dopo la sconfitta

ai playoff con il Pescara rassegna le dimissioni, interrompendo un contratto su

base triennale. Torna al Sassuolo. Un’occasione mancata gigantesca, per lui

come per il Verona.

BenitoSiciliano: prima consigliere

delegato, poi direttore generale del Verona di Martinelli, di cui è il solido

braccio destro. Si oppone alla fusione, entra in conflitto con Bonato per la

gestione della squadra. Filo conduttore di tre anni e mezzo di conduzione

dell’Hellas, sceglie come diesse Gibellini e si oppone all’operazione che

potrebbe portare il Verona nelle mani di Parentela. Spesso in conflitto con il

Comune, amministratore della cassa con piglio più che risparmioso, gli sfugge

più di qualche meccanismo sul funzionamento dei rapporti istituzionali tra

calcio, impresa e politica in Italia. Ma, nonostante le critiche che subisce,

offre un contributo prezioso alla rinascita del club.DavideBovo: si affaccia per la

prima volta nella trattativa per l’acquisizione del Verona da parte di

Martinelli negli ultimi mesi dell’affare. Esperto di finanza ed economia, si

siede sulla poltrona di consigliere delegato ed è lui a condurre un marketing

sempre più insistente per la fusione. Al tempo stesso, però, una sua uscita

inopportuna durante la cena di un calcio club svela il piano e fa esplodere le

polemiche. Un episodio, questo, che lo porterà di fatto ad uscire dalla stanza

dei bottoni dell’Hellas. Record storico, all’incontrario, di permanenza tra i

dirigenti del Verona: diciotto giorni. Da primato.

 

LucaCampedelli: dal 1992 è

presidente del Chievo, società che con lui alla conduzione è arrivata dalla C1

alla A, conquistando anche dei piazzamenti europei. L’impresa di cui è titolare

la sua famiglia è l’azienda dolciaria Paluani, lui è un industriale ben

inserito nel tessuto economico e creditizio di Verona. Per questo viene visto

dai poteri istituzionali cittadini come l’uomo giusto per sviluppare il

progetto della fusione, con la sua ricaduta più prettamente d’affari, ossia la

costruzione di un nuovo stadio e un’ampia manovra di rielaborazione immobiliare

della zona del Bentegodi. Più che l’architetto dell’idea è uno dei soggetti in

causa, il ponte nei rapporti con Martinelli, che lo prende come consigliere

prioritario in tutta la trattativa per comprare l’Hellas e anche successivamente.

Incontra più settori della tifoseria del Verona per divulgare il messaggio

della fusione come unica via per fare calcio di una certa caratura in città:

qualcuno, pure tra gli insospettabili, non gli nega una forma di appoggio

possibile, altri gli si oppongono. Quanto tutto è ormai fatto, e a mancare sono

solamente gli effetti finali del piano, Martinelli fa saltare la supposta

“unione”. E Campedelli, stupito, rinuncia all’intento. MauroGibellini: ritorna al

Verona nel 2010, dopo essere stato, dell’Hellas, giocatore promosso in A nel

1982, responsabile del vivaio a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, direttore

sportivo dal 2003 al 2005. Sonda come allenatori Sannino e Calori, che

rifiutano le offerte del Verona. La sua terza scelta è Giannini, che si

rivelerà un flop. Mandorlini approda all’Hellas non per sua volontà, ma la

squadra che dovrà guidare, e che Gibellini ha costruito, è altamente

competitiva. La serie B conquistata a Salerno non attenua i conflitti già

esplosi con l’allenatore. Lui comunque prosegue a lavorare e imposta un gruppo

solido e qualitativo, con i ritorni di Gomez e Pugliese e il prestito di

Tachtsidis. Impone la conferma di Jorginho. L’anno prima aveva preso Hallfredsson

e Maietta. Ma la frattura con Mandorlini non si sana. Martinelli non prende

posizione e si arriva ai titoli di coda: Gibellini lascia il Verona con una

conferenza in cui critica aspramente i comportamenti del tecnico. Va al Como,

ma resta una delle pedine fondamentali per quanto fatto dall’Hellas.

 GiuseppeGiannini: Accetta la corte del

Verona, convinto dalle offerte di Siciliano e Gibellini. Nell’estate 2010

diventa allenatore dell’Hellas. Ci prende poco, però. Si deve rapportare con un

ambiente che fatica a smaltire la delusione per la mancata promozione dell’anno

precedente. Lui va in confusione, cambia moduli e uomini come fossero

coriandoli. Inevitabile l’esonero. Un errore gialloblù.

Stefano Bergamelli: compare a random sulle scene. Prima è lui, che ancora ne controlla i cartellini, a cedere al Verona Beppe Le Noci e Nicola Ferrari. Stringe ottime relazioni con Martinelli, tant’è che, soprattutto dopo la promozione in B, è uno dei suoi “suggeritori”. Vicinissimo al presidente del Genoa Preziosi, per mesi si parla di un suo interesse per l’Hellas. Imprenditore immobiliare e edile di Nembro, provincia di Bergamo, è stato patron del Pergocrema. Stefano Ghisleni, dal 2010 al 2012 responsabile delle giovanili del Verona, ha in lui un referente più che prossimo. Potrebbero essere prove d’ingresso in società, ma non si arriverà mai alla quadra e Bergamelli si allontanerà del tutto dall’Hellas. Indecifrabile.  AlbertoParentela: sorpresa della

conferenza stampa in cui viene presentato Mandorlini, Martinelli lo annuncia

come un possibile (probabile) nuovo socio, uno che “vuole dare una mano al

Verona”. Sbuca dal nulla, nessuno lo conosce. Nel suo curriculum ci sono anni

di lavoro alla Toro Assicurazioni e non precisati compiti dirigenziali nel

Catanzaro tra gli anni ’70 e ’80. Precisate sono, invece, le sue attività

aziendali: ovvero nulle. Si dice più volte prossimo ad acquistare quote

dell’Hellas, ad introdurlo a Martinelli è stato Pierluigi Busatta, vecchio ex

gialloblù e del Catanzaro. Ma i soldi promessi non arrivano mai e di Parentela

si perdono le tracce. Tramite lui e Spartaco Landini, direttore sportivo

assente da anni dal palcoscenico del calcio, il Verona contatta Mandorlini come

nuovo allenatore. Uomo del mistero.

AndreaMandorlini: il Verona lo prende

nel novembre del 2010 e lui ha, per sua stessa ammissione, la testa altrove.

Esonerato a settembre dal Cluj, con cui, in Romania, ha vinto tutto nella

stagione precedente, fatica a concentrarsi sulla nuova esperienza. Quando lo fa

l’Hellas spicca il volo: promozione leggendaria in serie B. Ha un carattere

difficile che lo porta a scontrarsi con Gibellini, compiendo gesti che rendono

impensabile una riappacificazione che sarebbe utile ad un Verona che, nel

frattempo, gioca un bel calcio e prende possesso della zona alta della serie B. La promozione va in fumo per le troppe sconfitte subite fuori casa nel girone di ritorno, quando l'Hellas mostra di soffrire della "sindrome da braccino", ma l'ultima condanna ai sogni gialloblù la firma Davide Massa, arbitro di Imperia che nega un sesquipedale rigore al Verona in gara 2 della semifinale playoff con il Varese. All'andata, però, l'Hellas era stato tritato al di sopra di qualsiasi dubbio. Confermato dalla nuova società. Permaloso e più emotivo di quanto dia a vedere, la vicenda del "Ti amo terrone", coro cantato durante la presentazione della squadra a luglio 2011, lo getta nell'occhio del ciclone e attira antipatie incrociate sull'Hellas. Mica facile da prendere, ma ridà orgoglio ai tifosi del Verona che lo esaltano come un capopopolo. MaurizioSetti: imprenditore del

ramo dell’abbigliamento femminile, carpigiano, vicepresidente del Bologna. Desidera

avere un club tutto per sé per sviluppare un progetto ad ampio respiro e

ambiziosissimo. Lo individua nel Verona e prende contatto con Martinelli,

sapendo che la società è in vendita. In pochi mesi, nella primavera del 2012, l’accordo

è cosa fatta. A giugno si presenta come nuovo presidente e azionista di

maggioranza dell’Hellas. Rivoluziona i quadri dirigenziali: diesse è Sean

Sogliano, dg Giovanni Gardini. Vuole una struttura più solida, cambia in larga

parte anche l’organico dei giocatori. Così si appresta al via della stagione

calcistica 2012-2013.

 MATTEO FONTANA

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