Rileggendo la storia dei tormentati ultimi anni di vita societaria del Verona, la prima cosa che salta all'occhio è la complessità dell'intreccio. Sono tante le figure che entrano in gioco, che muovono gli equilibri in una direzione come nell'altra. Ci sono quelli che appaiano, e di cui diamo conto, per sommi capi, in questo piccolo Baedeker o "Who's who?" dell'Hellas. Altri che restano nell'ombra, eminenze grigie che hanno usato il Verona come uno strumento di possibile interesse economico. Istituti di credito, grande imprenditoria cittadina, riferimenti politici trasversalmente schierati lungo l'arco "parlamentare". C'era il grano da fare, e pure parecchio, con la fusione e una colata di cemento al posto giusto nel momento giusto. Qualcosa ha fermato tutto: lo sapete, l'avete letto, l'avete vissuto. L'amore sopra l'oro. Questi sono i personaggi di un romanzo in cui la finanza applicata al calcio è l'anello di congiunzione tra tutte le parti. Football versus Business. A voi il giudizio finale: capirete chi siano stati i buoni e chi i cattivi. E come, al di là della retorica, non sia così scontato che gli uni siano quelli che tutti dicono e viceversa.... Giambattista Pastorello: manager
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TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SULL’HELLAS (E NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE), I PROTAGONISTI
Ritratto breve dei personaggi che hanno animato il "romanzo" degli anni bui del Verona
calcistico che ha fatto fortuna con il Parma di Calisto Tanzi. Rileva il Verona
nel 1998, con una trattativa che dodici anni dopo sarà presa in esame dalla
magistratura: il sospetto è che l’acquisto dell’Hellas sia avvenuto con soldi
della Parmalat, poi fallita. Resta al vertice del Verona fino al 2006. La
squadra perde quota e quando viene ceduta la società è ai limiti del crack.
Pastorello lascia il club in B, con le premesse per una stagione ad alto
rischio di retrocessione in C1. E le casse languono. Nella memoria storica
gialloblù, il presidente più detestato di sempre.
PieroArvedi: compra il Verona da
Pastorello, dopo esserne stato socio di minoranza dal dicembre 2004, con il 20
percento delle quote. Imprenditore-contadino, poco meno che ottuagenario,
investe tra i venti e i trenta milioni di euro nell’Hellas, ma senza alcun
successo: nel 2007 il Verona piomba in C1, l’anno seguente si salva dalla C2 ai playout. Si circonda di
consiglieri sbagliati. Agisce in buonafede, ma è vittima della propria stessa
ingenuità. Si affida infine a Nardino Previdi, che rimette in piedi squadra e
società. In tutti i modi si oppone ai progetti di fusione, quando viene
pressoché costretto a vendere a Giovanni Martinelli cerca un nuovo appoggio in
Massimiliano Andreoli. Potrebbe trovarlo, ma un terribile incidente stradale di
ritorno dalla trasferta di Cesena, il 21 dicembre 2008, lo porta al coma e un
lungo ricovero in ospedale. Spirerà il 20 marzo 2009. Grande cuore, enorme
(ammessa) incompetenza calcistica.Peppe Cannella: viene presentato da
ambienti politici veneti ad Arvedi, nei giorni in cui sta trattando l’acquisto
del Verona. Campano di Nocera Inferiore, è stato per anni uomo di fiducia di
Pasquale Casillo, industriale del grano accusato e poi prosciolto per
collusioni camorristiche. All’Hellas ingaggia subito una guerra personale con
Massimo Ficcadenti, con cui ci sono antiche ruggini. La partita la vince lui,
l’allenatore viene esonerato dopo una lunga serie di pessimi risultati. Ma il
Verona, dopo il cambio in panchina, nonostante un’incalzante rimonta condotta
da Giampiero Ventura, finisce in C1 ugualmente, sconfitto nel doppio spareggio
con lo Spezia. Cannella si dà ugualmente un otto in pagella, parla dell’Hellas
come della “Juve della C”. Ma dopo aver preso Colomba come allenatore il Verona
va sempre più a picco in terza serie: bastano poche giornate, a Sassuolo
Cannella è alla recita finale. Si dimette già a settembre del 2007. Mai
sopportato dalla tifoseria: viene visto come un nemico del Verona.
Massimo Ficcadenti: Dopo due anni al
Verona da tecnico è sul punto di andarsene al Brescia, nell’estate del 2006. Ma
rinuncia al trasferimento perché con Pastorello non c’è accordo sulla
liberatoria. L’innesto nella dirigenza dell’Hellas di Peppe Cannella, quando
Arvedi compra il club, incrina certezze e rapporti: con il diesse campano sono
scintille, i dissapori sono datati e riemergono subito. Cannella fa pesare il
fatto che Ficcadenti abbia diritto, per contratto, ad una percentuale sulle
plusvalenze tra acquisto e vendita dei giocatori. Poi gli fa la guerra
attraverso lo spogliatoio. I risultati sul campo, pessimi, portano all’esito
più inevitabile: esonero. Dopo un’esperienza balorda sulla panchina della
Reggina (allontanato dopo dieci partite in A) è lui a fare da spalla a
Martinelli nella scalata all’Hellas. Quando si accorge del progetto della
fusione si oppone con fermezza all’idea della proprietà, di cui è divenuto
consulente di mercato. Contribuisce ad affossare il piano, ma viene messo da
parte per prendere come direttore sportivo Bonato. Ritorna in panchina,
recuperando la sua posizione più naturale. Per il Verona fa molto, a volte
anche troppo.GiampieroVentura: guida la rimonta
dell’Hellas che manca per un punto la salvezza diretta, nel 2007, dopo essere
stato dato per spacciato. Lo spareggio con lo Spezia è uno psicodramma
collettivo. Lui, come allenatore, si rilancia a Verona, superando alcune
stagioni grame. Raccoglie 37 punti in 24 partite, proponendo anche buon calcio.
Aziendalista, elogia il mercato di gennaio condotto da Cannella, ma poi
riconosce i difetti mai corretti nella rosa. Al fischio finale del ritorno dei
playout, con una città in lacrime, ha già deciso di andarsene al Pisa.
Consumato uomo di calcio, tecnico carismatico e grande oratore.
FlavioTosi: sindaco di Verona
dal maggio 2007, si professa tifosissimo dell’Hellas, viene addirittura
acclamato dalla Curva Sud. Dopo la retrocessione in C1 dà ad Arvedi la
disponibilità ad aiutarlo per trovare nuovi soci che possano supportarlo. Si
vede anche con dei tifosi ed è il primo a far intuire che potrebbe esserci un
progetto per una squadra unica. Quando gli viene chiesto un commento in merito
la formula che adotta è unica: “L’importante è che si chiami Hellas”. Riguardando
le sue dichiarazioni dell’epoca, non si legge mai una presa di posizione ferma
contro il progetto della fusione. Accortissimo politico.MassimilianoAndreoli: cerca a più riprese
di entrare nel Verona. Imprenditore del ramo dei rimorchi per camion, si
affaccia alla ribalta nell’estate del 2007, quando con l’appoggio di Tosi si
avvicina all’Hellas. Arvedi, però, non glielo cede, chiedendogli 16 milioni di
euro per il 100 percento del pacchetto azionario. Lui esce di scena, per
rientrarvi l’anno dopo. Il Verona sta per passare a Martinelli, che con Luca
Campedelli pianifica la fusione, Arvedi non ne vuole sapere e cerca un socio.
Lo individua in Andreoli: i due si incontrano e le possibilità per gestire
l’Hellas insieme non sono così ridotte. Ma il tragico scontro di Arvedi sull’A4
arresta tutto. Poi Andreoli tornerà a farsi sentire dopo i primi mesi con
Martinelli patron, una volta abortita l’idea della fusione. Ma la sua amicizia
con Mino Raiola, agente di giocatori come Ibrahimovic e Balotelli, e che
potrebbe inserirsi collateralmente nel Verona, induce Martinelli a respingere
gli inviti di Andreoli. Tanta buona volontà, ma non dà mai l’impressione di
avere carte realmente vincenti in mano.
RiccardoPrisciantelli: da
responsabile del settore giovanile viene capultato al ruolo di direttore
sportivo in seguito alle dimissioni di Cannella. Suggerisce lui ad Arvedi di
puntare su Pellegrini come allenatore. L’arrivo di Galli lo riporta nel vivaio,
poi, col nuovo ribaltone, spinge per il ritorno a Verona di Nardino Previdi, di
cui è un fedelissimo. Nella ricostruzione dell’Hellas sceglie i giocatori da
ingaggiare. Alcuni sono buoni o molto buoni, come Parolo, Gomez e Bergamelli,
altri non avranno successo: Campisi, Conti, Da Dalt, Loseto, ad esempio. Se ne
va quando Martinelli acquista il Verona. Lavora con onestà per l'Hellas.
GiovambattistaLancini: si presenta
come un imprenditore immobiliare della zona di Brescia. Incontra Arvedi e gli
prospetta un ampio investimento per rilevare il Verona. A novembre 2007 sembra
tutto fatto. Lancini parla da presidente, dice di un Hellas ambizioso con
programmi di mercato per risalire in alto. A seguire la direzione sportiva
della società sarà Giovanni Galli. Ma, dopo queste dichiarazioni, Lancini si
smaterializza. Scompare nel nulla, e quando si rivede è già marzo, arrestato
per truffa e condotto in carcere. Aveva cercato di comprare il Verona, come
raccontato da Arvedi, versando cinque milioni di euro falsi, accompagnato nella
villa del patron dell’Hellas da un non meglio qualificato personaggio vestito
da cardinale. Il Borgorosso Football Club aveva già più credibilità. E anche la
Longobarda di Lino Banfi. Tra il farsesco e il comico. PaoloeFrancescoCarino: fratelli che
vengono dall’Irpinia, hanno già tentato di dare la scalata all’Avellino e ci
riprovano con il Verona. Soltanto a parole, però: nell’autunno del 2007 fanno
registrare picchi di ascolto radiofonici parlando di un acquisto imminente
dell’Hellas, il cui marchio vogliono divulgare apponendolo su prodotti come
scooter e aspirapolvere. Ma di loro, in un batter di ciglio, nulla più si sa.
Spariti, dissolti. Tornano alla ribalta a luglio di quest’anno, arrestati in
Campania per truffa. Colpiscono per le chiome da Righeira, meritano il premio
come figure più bizzarre della storia societaria dell’Hellas. E la concorrenza
non è certo poca.
GiovanniGalli: da calciatore è
stato un portiere monumentale, bandiera della Fiorentina prima di vincere
scudetto e coppe con il Milan. Già in nazionale, da dirigente non ha
altrettanto successo. Al Verona arriva dopo essere stato contattato da teorici
acquirenti dell’Hellas, nel dicembre 2007. Rivoluziona lo staff tecnico
esonerando Davide Pellegrini e assumendo Maurizio Sarri. Cambia larga parte
della squadra durante il mercato di gennaio. Ma il Verona va sempre più in
basso e quando Arvedi decide di cacciare Sarri dà le dimissioni anche lui.
NardinoPrevidi: una specie di
santone e padre di una dinastia di direttori sportivi, ha lavorato con Roma,
Napoli e Fiorentina, tra le altre. Al Verona già è stato a metà degli anni ’90,
con lui l’Hellas ha riconquistato la A nel 1996. Ormai provato dalla salute
fragilissima, torna in sella con il club gialloblù a marzo 2008, quando la
retrocessione in C2 appare poco meno che inevitabile. Con la sua guida, però,
ecco la riscossa: prima l’aggancio allo spareggio con Davide Pellegrini come
allenatore, poi la salvezza al termine di un tiratissimo playout con la Pro
Patria. Ridisegna un Hellas a basso costo per evitare il tracollo finanziario e
renderlo appetibile. Anche lui fiuta il rischio probabile della fusione e si
mette di traverso all’operazione che poi porterà il Verona alla proprietà di
Giovanni Martinelli. Quando l’affare viene concluso, lascia definitivamente. A
giugno scompare, vittima dell’ennesimo malore. Severo, inflessibile, tirannico
e dai modi spicci, il suo contributo alla sopravvivenza dell’Hellas è pero
incalcolabile.
GianMarcoRemondina: allena il Verona da
luglio 2008 a maggio 2010. Uomo di forti principi e di grande dirittura morale,
non ha esperienza di piazze esigenti e questo non lo agevola. Comunque porta a
sfiorare i playoff un gruppo tutto nuovo colmo di giovani e, confermato poi da
Bonato per quanto non vanti grande considerazione sia da parte di una fetta
della dirigenza (Siciliano) e di un settore marcato della tifoseria, spinge l’Hellas
a dominare a lungo il campionato di Prima Divisione 2009-2010. Poi perde le
redini dello spogliatoio, la squadra entra in crisi fino a franare e perdere la
promozione con la sconfitta in casa col Portogruaro. Viene esonerato.
Eccellente persona, allenatore non geniale, ma neppure un bidone come descritto
talvolta.
GiovanniMartinelli: a giugno 2008 avvia
la trattativa per rilevare il Verona. Non è un grande appassionato dei colori
dell’Hellas, a fargli gola è un altro progetto: larghe fette di potere
cittadino sono pronte a sostenerlo nella sua acquisizione con la promessa che
lui sarà un traghettatore. Dopo arriverà la fusione con il Chievo, ci sarà la
squadra unica. E, con essa, un nuovo stadio e una lottizzazione immobiliare
sontuosa. Martinelli è un imprenditore di medie dimensioni di Sandrà, l’offerta
è irresistibile. A gennaio, con Arvedi già da più di un mese in ospedale dopo
l’incidente di cui è stato vittima al ritorno da Cesena, il Verona passa di
mano. Ma Martinelli si accorge subito che qualcosa non va: la fusione non è
un’offerta così succulenta come aveva immaginato per la tifoseria dell’Hellas,
il salto in serie A non vale niente a confronto del solo pensiero di perdere la
propria identità e confondersi in un’unica realtà con il Chievo. Ha la
prontezza di fare marcia indietro, Martinelli, e investe milioni di euro per
rilanciare il Verona. Prima sfiora la B, poi la raggiunge. E la serie A è a un
passo e sfuma per inezie. Questo, mentre il presidente lotta con una prolungata
malattia che lo obbliga a continue cure e ad un delicatissimo intervento
chirurgico. Cambia molto: in tre anni e mezzo ha tre uomini mercato, quattro
allenatori, decine di giocatori. Rispetto a quel che pensava di fare nel
momento in cui ha acquistato l’Hellas è cambiato tutto. Cede dopo aver dato
tutto al Verona. Ha lavato il peccato originale dell’ipotizzata (e da lui tra i
primi voluta) fusione.
NereoBonato: lascia il Sassuolo
nella tarda primavera del 2009 e Giovanni Martinelli gli consegna le chiavi del
Verona. Direttore sportivo, ma nella sostanza anche generale, dell’Hellas che
punta alla risalita in B. Spende molto, compra giocatori di nome per la Lega
Pro. Dà fiducia a Gian Marco Remondina come allenatore, e tutto fila liscio
fino a marzo, quando il Verona inizia a perdere colpi. Lui si è già scontrato
con Siciliano, che è stato messo da parte, ma solo momentaneamente. Persa la
promozione con il Portogruaro, le sue mansioni sono ridotte. Dopo la sconfitta
ai playoff con il Pescara rassegna le dimissioni, interrompendo un contratto su
base triennale. Torna al Sassuolo. Un’occasione mancata gigantesca, per lui
come per il Verona.
BenitoSiciliano: prima consigliere
delegato, poi direttore generale del Verona di Martinelli, di cui è il solido
braccio destro. Si oppone alla fusione, entra in conflitto con Bonato per la
gestione della squadra. Filo conduttore di tre anni e mezzo di conduzione
dell’Hellas, sceglie come diesse Gibellini e si oppone all’operazione che
potrebbe portare il Verona nelle mani di Parentela. Spesso in conflitto con il
Comune, amministratore della cassa con piglio più che risparmioso, gli sfugge
più di qualche meccanismo sul funzionamento dei rapporti istituzionali tra
calcio, impresa e politica in Italia. Ma, nonostante le critiche che subisce,
offre un contributo prezioso alla rinascita del club.DavideBovo: si affaccia per la
prima volta nella trattativa per l’acquisizione del Verona da parte di
Martinelli negli ultimi mesi dell’affare. Esperto di finanza ed economia, si
siede sulla poltrona di consigliere delegato ed è lui a condurre un marketing
sempre più insistente per la fusione. Al tempo stesso, però, una sua uscita
inopportuna durante la cena di un calcio club svela il piano e fa esplodere le
polemiche. Un episodio, questo, che lo porterà di fatto ad uscire dalla stanza
dei bottoni dell’Hellas. Record storico, all’incontrario, di permanenza tra i
dirigenti del Verona: diciotto giorni. Da primato.
LucaCampedelli: dal 1992 è
presidente del Chievo, società che con lui alla conduzione è arrivata dalla C1
alla A, conquistando anche dei piazzamenti europei. L’impresa di cui è titolare
la sua famiglia è l’azienda dolciaria Paluani, lui è un industriale ben
inserito nel tessuto economico e creditizio di Verona. Per questo viene visto
dai poteri istituzionali cittadini come l’uomo giusto per sviluppare il
progetto della fusione, con la sua ricaduta più prettamente d’affari, ossia la
costruzione di un nuovo stadio e un’ampia manovra di rielaborazione immobiliare
della zona del Bentegodi. Più che l’architetto dell’idea è uno dei soggetti in
causa, il ponte nei rapporti con Martinelli, che lo prende come consigliere
prioritario in tutta la trattativa per comprare l’Hellas e anche successivamente.
Incontra più settori della tifoseria del Verona per divulgare il messaggio
della fusione come unica via per fare calcio di una certa caratura in città:
qualcuno, pure tra gli insospettabili, non gli nega una forma di appoggio
possibile, altri gli si oppongono. Quanto tutto è ormai fatto, e a mancare sono
solamente gli effetti finali del piano, Martinelli fa saltare la supposta
“unione”. E Campedelli, stupito, rinuncia all’intento. MauroGibellini: ritorna al
Verona nel 2010, dopo essere stato, dell’Hellas, giocatore promosso in A nel
1982, responsabile del vivaio a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, direttore
sportivo dal 2003 al 2005. Sonda come allenatori Sannino e Calori, che
rifiutano le offerte del Verona. La sua terza scelta è Giannini, che si
rivelerà un flop. Mandorlini approda all’Hellas non per sua volontà, ma la
squadra che dovrà guidare, e che Gibellini ha costruito, è altamente
competitiva. La serie B conquistata a Salerno non attenua i conflitti già
esplosi con l’allenatore. Lui comunque prosegue a lavorare e imposta un gruppo
solido e qualitativo, con i ritorni di Gomez e Pugliese e il prestito di
Tachtsidis. Impone la conferma di Jorginho. L’anno prima aveva preso Hallfredsson
e Maietta. Ma la frattura con Mandorlini non si sana. Martinelli non prende
posizione e si arriva ai titoli di coda: Gibellini lascia il Verona con una
conferenza in cui critica aspramente i comportamenti del tecnico. Va al Como,
ma resta una delle pedine fondamentali per quanto fatto dall’Hellas.
GiuseppeGiannini: Accetta la corte del
Verona, convinto dalle offerte di Siciliano e Gibellini. Nell’estate 2010
diventa allenatore dell’Hellas. Ci prende poco, però. Si deve rapportare con un
ambiente che fatica a smaltire la delusione per la mancata promozione dell’anno
precedente. Lui va in confusione, cambia moduli e uomini come fossero
coriandoli. Inevitabile l’esonero. Un errore gialloblù.
Stefano Bergamelli: compare a random sulle scene. Prima è lui, che ancora ne controlla i cartellini, a cedere al Verona Beppe Le Noci e Nicola Ferrari. Stringe ottime relazioni con Martinelli, tant’è che, soprattutto dopo la promozione in B, è uno dei suoi “suggeritori”. Vicinissimo al presidente del Genoa Preziosi, per mesi si parla di un suo interesse per l’Hellas. Imprenditore immobiliare e edile di Nembro, provincia di Bergamo, è stato patron del Pergocrema. Stefano Ghisleni, dal 2010 al 2012 responsabile delle giovanili del Verona, ha in lui un referente più che prossimo. Potrebbero essere prove d’ingresso in società, ma non si arriverà mai alla quadra e Bergamelli si allontanerà del tutto dall’Hellas. Indecifrabile. AlbertoParentela: sorpresa della
conferenza stampa in cui viene presentato Mandorlini, Martinelli lo annuncia
come un possibile (probabile) nuovo socio, uno che “vuole dare una mano al
Verona”. Sbuca dal nulla, nessuno lo conosce. Nel suo curriculum ci sono anni
di lavoro alla Toro Assicurazioni e non precisati compiti dirigenziali nel
Catanzaro tra gli anni ’70 e ’80. Precisate sono, invece, le sue attività
aziendali: ovvero nulle. Si dice più volte prossimo ad acquistare quote
dell’Hellas, ad introdurlo a Martinelli è stato Pierluigi Busatta, vecchio ex
gialloblù e del Catanzaro. Ma i soldi promessi non arrivano mai e di Parentela
si perdono le tracce. Tramite lui e Spartaco Landini, direttore sportivo
assente da anni dal palcoscenico del calcio, il Verona contatta Mandorlini come
nuovo allenatore. Uomo del mistero.
AndreaMandorlini: il Verona lo prende
nel novembre del 2010 e lui ha, per sua stessa ammissione, la testa altrove.
Esonerato a settembre dal Cluj, con cui, in Romania, ha vinto tutto nella
stagione precedente, fatica a concentrarsi sulla nuova esperienza. Quando lo fa
l’Hellas spicca il volo: promozione leggendaria in serie B. Ha un carattere
difficile che lo porta a scontrarsi con Gibellini, compiendo gesti che rendono
impensabile una riappacificazione che sarebbe utile ad un Verona che, nel
frattempo, gioca un bel calcio e prende possesso della zona alta della serie B. La promozione va in fumo per le troppe sconfitte subite fuori casa nel girone di ritorno, quando l'Hellas mostra di soffrire della "sindrome da braccino", ma l'ultima condanna ai sogni gialloblù la firma Davide Massa, arbitro di Imperia che nega un sesquipedale rigore al Verona in gara 2 della semifinale playoff con il Varese. All'andata, però, l'Hellas era stato tritato al di sopra di qualsiasi dubbio. Confermato dalla nuova società. Permaloso e più emotivo di quanto dia a vedere, la vicenda del "Ti amo terrone", coro cantato durante la presentazione della squadra a luglio 2011, lo getta nell'occhio del ciclone e attira antipatie incrociate sull'Hellas. Mica facile da prendere, ma ridà orgoglio ai tifosi del Verona che lo esaltano come un capopopolo. MaurizioSetti: imprenditore del
ramo dell’abbigliamento femminile, carpigiano, vicepresidente del Bologna. Desidera
avere un club tutto per sé per sviluppare un progetto ad ampio respiro e
ambiziosissimo. Lo individua nel Verona e prende contatto con Martinelli,
sapendo che la società è in vendita. In pochi mesi, nella primavera del 2012, l’accordo
è cosa fatta. A giugno si presenta come nuovo presidente e azionista di
maggioranza dell’Hellas. Rivoluziona i quadri dirigenziali: diesse è Sean
Sogliano, dg Giovanni Gardini. Vuole una struttura più solida, cambia in larga
parte anche l’organico dei giocatori. Così si appresta al via della stagione
calcistica 2012-2013.
MATTEO FONTANA
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