il visto da noi

Una tregua per credere alla salvezza

Il Verona perde con la Juve dopo aver giocato con orgoglio. Adesso serve fare di più ed essere uniti

Lorenzo Fabiano

All’indomani dell’arrendevole disfatta di Udine, contro la Juventus, se non il risultato, chiedevamo almeno una prova di carattere dettata dal cuore. Non solo l’abbiamo avuta, ma siamo andati pure oltre. La truppa ha messo in campo lo spirito battagliero già visto con il Milan; purtroppo la Juve è altra cosa, e alla fine ha vinto 3-1. Risultato di manica larga per l’invincible Armada di Allegri, tenuta in scacco per lunghi tratti (soprattutto nella ripresa) da un Verona tutto gamba, cuore, e cervello abile nell’occupazione degli spazi e feroce nell’asfissia del pressing. Una gara già di per sé tutta in salita, fattasi ancor più dura con il gol di Matuidi dopo appena 6 minuti, ma che i nostri hanno avuto il grande merito di affrontare con coraggio e riequilibrare grazie alla rete del mostruoso Caceres. Al solo pensiero che quella di ieri sera con ogni probabilità sia stata la sua ultima volta al Bentegodi, ci rende se mai possibile ancora più indigesta la pallosa notte di San Silvestro.

 

Se Kean avesse sfruttato meglio l’occasione del clamoroso sorpasso e Allegri avesse tenuto in panca un turno in più Dybala, chissà ora cosa staremmo a scrivere. I se e i ma nel calcio sono fuffa, quindi fermiamoci qua. Molti e confortanti i segnali che rimangono tuttavia in memoria il giorno dopo. Pur senza la sua pedina di maggior classe, Cerci, la squadra se l’è giocata e ha retto con grande dignità un confronto impari con la prima della classe, una corazzata che da sei anni domina incontrastata il panorama nazionale e al gran finale del gala europeo si è presentata due volte nelle ultime tre stagioni. Si insomma, mica un avversario qualsiasi…

 

Chiuso il girone d’andata, si svolta a quota 13, non certo una gran dote; all’appello mancano però almeno quattro lunghezze, gettate alle ortiche contro Bologna, Genoa, e negli sciagurati ultimi minuti a Ferrara. Diciamo che 17 punti rispecchierebbero più fedelmente quanto la squadra di Pecchia è stata capace/incapace di fare. Detto che la quota salvezza si aggira a 34-35 punti, se il Verona avesse raccolto il giusto, tutto sommato sarebbe in linea con i programmi.

 

La strada è lunghissima, tutto pò succedere, la palla è rotonda; vedete, ci aggrappiamo al festival della retorica. Ma se a Benevento credono nei miracoli, non vediamo perché dovremmo rassegnarci noi; persino il Chievo là davanti, non può più permettersi sonni tranquilli e drizza ora le antenne. La palla passa ora al mercato riparatore di gennaio (da riparare c’è più di qualcosa); Caceres è ai saluti, non solo bisognerà pescare dal mazzo un degno sostituto, ma attendiamo altri rinforzi come i pendii alpini la neve dal cielo a dicembre. Inutile girarci tanto attorno: il nostro destino passa da lì. Arrivi o non arrivi, se il Verona affronterà l’aspro percorso che l’attende senza cali di tensione e con lo spirito visto ieri, non prendeteci per dei folli visionari se insistiamo nel dire che potrà giocarsela fino in fondo. Poi sia quel che sia, ma a testa alta e schiena dritta.

 

Fondamentale sarà il supporto del popolo gialloblù, che prima di ogni altra cosa deve essere una risorsa e non un problema. Piaccia o no, la squadra è con Pecchia: il partito di maggioranza che cavalca la contestazione se ne faccia una ragione. Inutile e per di più dannosa appare la via dell’ostracismo. Lanciamo quindi il nostro appello di fine anno: genti del Verona serrate i ranghi e unitevi, deponete l’ascia e firmate se non l’armistizio, almeno la tregua. Lo ripetiamo per l’ennesima volta: uniti ce la possiamo fare, divisi assolutamente no. Prendere o lasciare. Buon anno vecchio Verona.

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