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Verona, ora sbagliare non si può più

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L'Hellas lotta con la Juve, la sconfitta è durissima. E i punti in otto partite sono 2: serve una svolta

Mettiamola così: maledetto VAR. Avrebbero dato i due gol a Kean, sarebbe finito tutto lì e buonanotte ai suonatori. Ce la saremmo messa via e, soprattutto, ci saremmo risparmiati l’atroce sofferenza di un epilogo che per chissà quanto rimarrà una ferita aperta. Quando di mezzo c’è la Juve, è del resto un’amara ricorrenza (senza ricorrere all’Italian Job dell’arbitro Wurtz, basterebbe rievocare la sciagurata partita di ritorno a Torino della di Coppa Italia del 1983… un dolore mai sopito). In sottofondo affiora “Just an illusion” degli Imagination, gruppo dance non propriamente memorabile degli anni Ottanta, ma quel motivetto lo azzeccarono. Vabbè. Magari, arriverà il giorno in cui il fuorigioco di un tacchetto non sarà più tale, in quanto sarà stata ripristinata la “luce” tra un giocatore e l’altro.

La logica lo imporrebbe ma, si sa, la logica nel calcio attuale ha più o meno le stesse percentuali degli ascolti in Rai di Pino Insegno e Nunzia De Girolamo, per cui… “fate vobis” diceva quel tale. Premessa: al netto dei due gol annullati all’indemoniato Kean dal Ciclope, la vittoria della Juve non fa una piega: hanno tirato trenta volte in porta, sei nello specchio, hanno costruito palle gol a grappoli, qualcuna se la son magnata, su qualcuna altra ci ha messo una pezza Montipò. Eppure, pensate un po’, stavamo per farcela a farla franca. Anzi, diciamo pure che praticamente era fatta. Ecco perché fa malissimo perdere così, su una mischiona al 97’, nella quale il portierone e il fante polacco hanno combinato un bel pasticciaccio. Amen, è andata così. Inutile stracciarsi vesti e zebedei.

Guardiamo la realtà, e non ha una bella faccia: due punti in dieci partite sono un ascensore per l’inferno e la classifica è quella che è, misera e grama.  Ma tutto sommato la partita di Torino qualcosa di buono ha anche detto. Innanzitutto, la svolta sul modulo: Baroni ha finalmente capito che la vecchia formula dal copyright Juric, ora non funziona più; il passaggio a un centrocampo a tre (Folorunsho, Duda e Hongla) con due esterni (i ritrovati Faraoni e Doig, ma tenere fuori Lazovic è un lusso che non crediamo possiamo permetterci), e due punte davanti (Ngonge sta sulla luna, mentre qui in terra Djuric e Bonazzoli sgobbano e si integrano molto bene) ha conferito alla squadra maggior ordine ed equilibrio, cose che contro il Napoli son mancate del tutto. Ma a Torino abbiamo anche visto altro, roba tipo cuore e spirito di sacrificio senza i quali un Verona qualsiasi non va da nessuna parte. Alta tensione e corsa, tanta corsa.

Bene che il Verona abbia ritrovato queste componenti, perché il suo vero campionato inizia domenica prossima a ora di pranzo al Bentegodi col Monza, e di quella roba lì d’ora in avanti ci sarà molto bisogno. Se non siamo in profondo rosso, lo dobbiamo alle due vittorie, entrambe assai benevole, nelle prime due giornate di campionato contro Empoli e Roma. Era agosto, poi è venuto un ciclo terribile, al limite del proibitivo, nel quale l’unica sconfitta che fa male davvero è stata quella di Frosinone. Perdere con gente come Atalanta, Milan, Napoli e Juventus ci sta. Adesso ci attendono Monza, Genoa, Lecce e Udinese: il nostro campionato è questo, perché quelle son le partite che valgono una stagione. Lasciamo stare la beffa e la sofferenza di queste ore, se il Verona è quello di Torino, se in campo va con quella stessa postura, potrà dire la sua fino in fondo. Diversamente, no. Che salvarsi quest’anno sia molto dura, lo ripetiamo da luglio, non lo scopriamo certo adesso che lo dice anche la classifica. Ragazzi, ora sbagliare non si può più.

 

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