A ripensare alle otto partite del Verona la delusione sale. Chi più, chi meno, guarda la classifica dei gialloblù e osserva i pochi punti ottenuti con stupore misto a frustrazione.
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Il Verona e la “pollite” acuta, l’ultimo miglio che manca
Te la giochi con Juve e Roma, fuori casa perdi solo con i giallorossi, prendi a calci la palla un botto di volte per centrare la porta e ieri, finalmente, fai due gol. Ma niente, non si vince.
All’Hellas manca l’ultimo miglio, quello che, se percorso con più coraggio e attenzione, poteva portare alla vittoria con la Cremonese, ad osare di più a Pisa, e, naturalmente, ai tre punti di ieri, sul piatto d’argento fino a un quarto dalla fine e poi evaporati per un attacco di “pollite” acuta: sardi Felici, gialloblù allo spiedo.
La paura di vincere si mischia a quella di perdere, arrivano gli errori difensivi che non ti aspetti (del centrocampo compreso) e si resta con un pugno di mosche.
Il Verona ha una rosa che è un misto di qualità, freschezza, ed esperienza, che sulla carta può essere da media classifica, perlomeno da salvezza tranquilla. Al momento i risultati non dicono questo.
Ciò significa che i leader devono ancora formarsi (che i veterani dello spogliatoio non ci siano più si nota), che si è in ritardo sulla costruzione di un’identità forte che possa gestire meglio le situazioni a rischio e che serve osare di più per raccogliere punti anche laddove un pari potrebbe andare bene.
L’Hellas deve ancora spiccare il volo e siamo ormai a novembre. A Verona si dice “ci g’ha pan no g’ha denti”, espressione che colorisce e inasprisce il proverbio italiano. Allora serve azzannare, serve avere audacia. I polli non riescono a volare.
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