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Una mossa per provare a cambiare

Pecchia e l'idea del 4-3-1-2, ecco perché si può fare

Lorenzo Fabiano

L’avevano ritratto come una corazzata. In effetti fino al poker calato nel golfo di La Spezia è stato così. Basta dare un’occhiata ai toni di quei giorni: erano a dir poco trionfalistici. Poi le nove sberle rifilateci in appena una settimana da Novara e Cittadella hanno seminato dubbi sulla reale consistenza di questo Verona. Il deludente rendimento dalla ripresa post-natalazia li ha confermati mostrando un peschereccio che naviga in acque poco generose. Bisogna riconoscere che Fabio Pecchia mai si è lasciato andare a voli pindarici, ma anzi ha sempre cercato con onestà e modestia di mantenere bassi profili anche nelle notti di cielo stellato. La squadra non solo fa pochi punti, ma nemmeno diverte.

La prestazione di sabato a Vercelli è stata un inno alla noia. Non è purtroppo una novità: succede da un po’. Attraverso una fitta fase di circolazione della palla si insiste in una trama barocca, così stucchevole da rimanere imprigionata nelle maglie della prevedibilità e della sterilità.  Il centrocampo gialloblù è fatto di soprattutto di palleggiatori. Le incursioni dovrebbero venire da un giocatore come Romulo, ma quello attuale nella miglior delle ipotesi ne è solo il cugino. Non resta che ritrovare in fretta quello vero, pedina imprescindibile dalle sorti dell’Hellas.

Abbiamo da tempo compreso che Pecchia ama intercambiare continuamente uomini e posizioni in campo: Bessa ad esempio lo abbiamo visto giostrare  un po’ ovunque, ma raramente nel ruolo di trequartista che predilige. Non lo diciamo noi, ma lo stesso brasiliano al suo arrivo a Verona. Per non dare riferimenti agli altri, il giovane tecnico di Formia sta seriamente rischiando di perdere progressivamente i propri. Il mister è un uomo intelligente per il quale nutriamo simpatia. Umanamente ci dispiace stia attraversando un momento come questo. Gli chiediamo allora di non avvitarsi su posizioni preconcette e di adattarsi alla realtà delle cose. Diversamente, difficilmente si salverebbe dal naufragio.

Risultato ed estetica non sono al momento coniugabili. Lo sono stati a inizio stagione. Ora non più. L’unica nota positiva che viene da Vercelli, è il gol di Ganz.  Detto questo, battiamo un vecchio tasto che tanto ci è caro quest’anno e che riproponiamo allo sfinimento. Sappiamo come Pecchia si sia formato con un maestro come Benitez. Se ne vedono le tracce, ma è ora di voltar pagina . Al posto del Jamòn ibérico, salume di cui Don Rafa va ghiotto, sul tagliere affetti una corpulenta soppressa della Valpolicella. Anche il pubblico apprezzerà. L’idea è sempre la stessa: giocando con i numeri fa 4-3-1-2. Vale a dire centrocampo a tre con Bessa trequartista e rifinitore per Pazzini e Ganz. Inamovibile il primo, in alternativa al secondo  abbiamo nell’arco due frecce Cappelluzzo e Siligardi. Non lasciatevi andare a facile ironie su quest’ultimo. L’ex livornese agendo da seconda punta potrebbe magari creare qualche dispiacere ai suoi detrattori. Accettiamo volentieri scommesse giocandoci un pizzico di onorabilità.  Mancano ancora undici partite. Cambiare si può. Tornare a vincere e ritrovare il passo, pure.

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