hellas1903 il visto da noi È un Verona da piangere ma, dicono, “andrà tutto bene”

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È un Verona da piangere ma, dicono, “andrà tutto bene”

Andrea Spiazzi
Andrea Spiazzi Direttore 
Per l'Hellas sono numeri da allarme rosso,

Le lacrime di Giovane a fine gara, dopo l’errore marchiano che ha regalato il gol del 2-1 a Pellegrino, eccellente falco dell’attacco parmense, sono il simbolo di questo Verona che non sa vincere, dunque non può gioire, e che metà delle partite le ha perse.

Facile scaricare la responsabilità della sconfitta allo sportivamente ennesimo tragico e fantozziano episodio, ma così facendo è come vedere la famosa pagliuzza invece della trave. 6 punti in 12 gare sono un tronco bello grosso conficcato nell’occhio del povero Hellas. Un palo piantato nel bulbo di Polifemo. La metà di quelli raccolti lo scorso anno dopo 12 turni. Ultimo posto in classifica, peggior attacco, seconda peggior difesa. E ci fermiamo qua.

La sconfitta col Parma nasce ben prima dell’assist involontario di quel bravo ragazzo di Do Nascimento. Anche qui un po’ di numeri: tiri totali: 17 a 9 per gli ospiti, titi in porta 9 a 3 sempre per la squadra di Cuesta. Altri campanelli d’allarme (meglio dire sirene): molto nervosismo, tanta frenesia, svariati errori tecnici, poche idee, e una tenuta atletica che inizia a “fare Giacomo”.

Frese a fine partita dichiara, onesto: “Non è l’errore del singolo, sbagliamo di squadra”.

Zanetti, mentre la dirigenza non si vede né si sente, si autoflagella: “Sono io l’unico responsabile”, dopo la piena fiducia appena rinnovatagli. Dice anche, però, l’allenatore di Valdagno, oltre a una serie de parolasse, che “gli episodi ci condannano ma sono convinto che ce la faremo”.

Ecco, non vorremmo si fosse caduti definitivamente in quell’”andrà tutto bene” che tanto fa rabbrividire. Che si continuasse a dar la colpa agli episodi. È dalle prime giornate che si ripete questo ritornello del cielo che è blu sopra le nuvole, ma ancora la vittoria è tabù e la classifica è buona solo se la si gira, come disse un dì Preben Elkjaer.

Dunque, “andrà tutto bene” mica tanto. Per farla andar bene, invece, serve un grande lavoro, perché quello fatto in 4 mesi ha prodotto i mesti risultati che sono sotto gli occhi di tutti.