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Quando Baroni segnava per il Verona

L'allenatore del Benevento è un (amato) ex dell'Hellas

Matteo Fontana

Il grunge si era eclissato dopo che, l’anno prima, Kurt Cobain si era sparato, ponendo fine alla propria vita e alla disperazione che l’aveva desolatamente accompagnata. Si cantavano gli Oasis e i Blur, il brit pop, i fratelli Gallagher che ancora non litigavano e lo stile casual di Damon Albarn. A Verona, nell’estate del 1995, si parlava soltanto di una cosa: l’Hellas doveva tornare in Serie A.

L’aveva promesso la proprietà, la famiglia Mazzi, ponendo la stagione che si avviava ad iniziare come quella che avrebbe completato il programma triennale per la promozione. Lo suggerivano le scelte di mercato, a partire dall’allenatore: Attilio Perotti, il miglior tecnico della Serie B, una figura mite, bresciano d’origine e genovese d’adozione, che presto avrebbe conquistato l’affetto del pubblico di Verona. E l’allestimento della squadra era una garanzia. Nardino Previdi, con l’incarico di vicepresidente esecutivo, ingaggiò l’attaccante più forte della categoria, Totò De Vitis. Con lui, un favoloso regista, Onofrio Barone, per tutti Nuccio, una seconda punta talentuosa, Nicola Zanini, un terzino sinistro portentoso, Paolo Vanoli. Fu confermato un giovane emergente, Damiano Tommasi. E dall’Ancona arrivò un difensore dalla lunga esperienza, che pareva perduto per il calcio di vaglia e che, invece, si era ricostruito. Il suo nome, Marco Baroni.

Oggi quel ragazzo ha 21 anni in più. Fa l’allenatore, guida il Benevento, il prossimo avversario del Verona. Con l’Hellas, nel 1996, fu promosso in Serie A: “Non si possono fare confronti tra la squadra di allora e quella di adesso. Ai coloro gialloblù sono legato da grandi ricordi e da tante amicizie. Quel Verona era fortissimo, il legame con la città e con i compagni di quel tempo è sempre intenso”, racconta oggi Baroni. Di lui rimangono impressi i gol realizzati nella stagione in cui l’Hellas salì in A. Sette reti, fece, Marco. Il più esaltante, quello che, in pieno recupero, permise al Verona di battere per 2-1 il Brescia al Bentegodi. Una zampata sotto la Curva Sud, nel giorno in cui, per la prima volta, fu esposto il cartello in cui veniva dichiarata la durata del prolungamento oltre il 90’. Allo stadio, quando fu alzata la lavagna elettronica che annunciava che si sarebbe giocato per altri 6’, ci fu un boato: tutti pensarono che il Verona ce l’avrebbe fatta, avrebbe vinto. Marco Baroni diede ragione alla gente gialloblù.

Nel novembre del 1995 l'Hellas vinse per la prima volta il derby con il Chievo. Per il calendario, giocando in trasferta. Il Verona passò in vantaggio per 2-0 all'inizio del secondo tempo, Michele Cossato accorciò, riaprendo il conto. Il Chievo ebbe la palla del pari, ma sulla linea di porta, uscendo in dribbling, ci pensò Baroni a evitare la rete, in un momento di emozionante tensione.

Fu un Hellas dolcissimo, amato, eppure incompleto, quello. Perotti fece sapere che se ne sarebbe andato per avvicinarsi alla famiglia, prima della fine del campionato. Si capì subito che non il Verona non sarebbe più stato come prima. Volarono anni corti come giorni. Con Gigi Cagni come allenatore, l’Hellas retrocesse subito. In B, di nuovo, e sempre con Cagni, ci volle l’esonero del tecnico, con Sergio Maddè a subentrare, per alimentare i rimpianti per un obiettivo sfumato. Baroni lasciò il Verona nel 1998. Nel 2002 tornò per fare da vice di Alberto Malesani. Ogni tanto si è parlato di lui come possibile allenatore dell’Hellas. Di sicuro, nel cuore dei tifosi gialloblù, c’è rimasto. E pazienza se nella partita con il Benevento sarà un avversario.

 

Il Verona 1995-96
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