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Osvaldo Bagnoli, “Il miracoliere” delle storie più belle

L'incontro con il Mister, le emozioni alla presentazione del libro che lo racconta

Benny Calasanzio Borsellino

Ma cosa vuoi saperne te dello Scudetto? Niente, cosa volete che ne sappia. Qualche vhs, qualche video su Youtube con Galeazzi che cerca di strappare la parola "Scudetto" e Lui che gli parla di salvezza. E i racconti di quelli che c'erano. Di quelli che l'hanno fatto, come il mio amico Pierino, una delle persone più buone che io abbia mai conosciuto. E più veloci. E poi l'archivio della Gazzetta, le figurine, gli abbonamenti 84/85. E poi Lui. Il Miracoliere.

Questa sera non potevo mancare. Sul Miracoliere Matteo Fontana ha scritto un libro, un libro dal profumo di erba bagnata e naftalina, di un calcio che non c'è più, di uomini che non ci sono più. Così ad un certo punto, mentre lo aspettiamo, il Miracoliere arriva, con passo spedito, fresco come se il tempo per lui non passasse mai, come se fosse ancora Mister Bareta Fracà.

Al tavolo lui, Zaso Bagnoli, e due dei suoi tanti ragazzi: Marco Pacione e Davide Pellegrini. E quando lui, il Miracoliere, parla di loro, loro, i suoi ragazzi, devono trattenere le lacrime. L'Osvaldo è il monumento al calcio e del calcio. Essere stato un suo ragazzo è un privilegio che accomuna tutti. Pacione racconta della passeggiata sul lungo mare di Arenzano. Sono entrambi al Genoa, Marco gioca poco e vuole andare al Venezia di Zamparini e Zaccheroni. Bagnoli vuole che rimanga. Ma Pacione "testa dura" va. E poi Pellegrini. Simbolo di un Verona che fino all'ultimo ha lottato con onore e dignità: era quello, una volta, il modo di retrocedere.

Matteo ripercorre il suo libro, Bagnoli lo ascolta. Annuisce. Ricorda. A volte no. Nessuno di noi in platea si vuol perdere un suo sguardo. È sincero, non accomodante. Parla degli esoneri della sua carriera, solo due: uno all'inizio, alla Solbiatese, e uno alla fine, all'Inter. Nel Varesotto lo mandano via perché aveva preso le difese di un suo calciatore preso di mira dal presidente. All'Inter più o meno: "L'allenatore ero io e non potevo accettare che Pellegrini e gli altri dirigenti mettessero becco nelle mie cose".

Poi il racconto della sua vita fa la fermata più lunga all'anno 1985, che poi era l'anno in cui io, il 22 marzo, nascevo. Due giorni più tardi l'Hellas avrebbe vinto contro la Cremonese, 3-0, Di Gennaro, Elkjaer, Briegel.

Ma cosa vuoi saperne te dello Scudetto? Niente, cosa volete che ne sappia. Il Miracoliere questa sera mi ha raccontato dell'armonia del 1985, della chimica che dalla prima giornata aveva creato un gruppo fortissimo. "Loro arrivavano e io dicevo: dove ti piace giocare? Mi dicevano qui, là. Io li provavo e insieme si decideva. Lo facevo perché da giocatore non mi piaceva giocare fuori ruolo, per esempio come ala destra. Io giocavo con l'8 o con il 10, ma non ala, non mi dava soddisfazioni".

Diciotto giocatori ieri. Venticinque, ventisei, ventisette oggi. "Come fai a gestire uno spogliatoio così grande" si chiede il Miracoliere. Già. "Martinelli mi aveva mandato un abbonamento per me e uno per mia moglie. Qualcuno gli avrà detto 'oh, guarda che se vuoi che venga devi darlo anche alla moglie, mica la lascia a casa'. E così fece, poi anche questo di adesso ha continuato, così ogni tanto vado".

Poi, quando un'ora e mezza è trascorsa, l'Osvaldo va via: "Solo una cosa a volte mi da fastidio, che pochi parlano del Bagnoli calciatore... ho zugà anca mi era!".

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