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Verona, qualcosa è cambiato

Hellas alla Jack Nicholson: prove tecniche di fiducia estiva

Matteo Fontana

Jack Nicholson resta uno dei più grandi attori hollywoodiani. Indimenticabile nelle interpretazioni di “Shining”, di “Easy Rider”, o “Il postino suona sempre due volte". Meraviglioso in “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, mitico in “The Departed”. Ma, dovendo citare un suo film per raccontare i primi approcci con questo Verona, viene in mente un altro film: “Qualcosa è cambiato”. E non soltanto per il titolo in sé, che è già eloquentemente parlante, ma per la storia che narra la pellicola.

Melvin Udall, bizzarro e misantropo scrittore di romanzi rosa, è afflitto da una sindrome, il disturbo ossessivo-compulsivo, che lo rende scorbutico, gelido, cinico, maniacale. Nel corso del film, per una serie di eventi e in seguito a diverse conoscenze, imparerà ad andare oltre i propri steccati mentali, fino a dichiarare il proprio amore per una donna, Carol.

Per molto tempo l’Hellas, prima con dei risultati che arrivavano, poi in totale assenza degli stessi, fino all’inevitabile epilogo dettato da una retrocessione imbarazzante, è stato come Udall-Nicholson: sempre uguale se stesso, ripetitivo, pauroso. Alla ricerca di “nemici” (che orribile necessità) per motivarsi. Un modo di essere logorante e che, poco per volta, ha allontanato, più che avvicinare.

La percezione di oggi è che qualcosa sia cambiato. Almeno nell’atteggiamento dei protagonisti, nel tentativo di porsi in maniera diversa. Di tentare di fare calcio senza la prosopoea che ha caratterizzato l’ambito gestionale e sportivo di questi anni. Anche vedere una maglia, la seconda, da trasferta, che somiglia a quella del Verona, e non è più una copia conforme – e neanche troppo – prodotta sulla scorta di un accordo commerciale, è incoraggiante.

Sensazioni, impressioni, suggestioni? Chiamiamole come si preferisce. Riguardando l’intervento di Maurizio Setti al canale ufficiale del club è parso di notare nel presidente la consapevolezza di aver ritrovato la rotta voluta e poi, con responsabilità innegabili, perduta.

Il campo è il grande maestro. L’estate è il tempo delle illusioni, degli amori in spiaggia con le promesse di lettere per una corrispondenza che si esaurirà entro la fine dell’autunno.

Però, per una volta, il Verona “settiano” sta provando e essere un po’ più il Verona e molto di meno un brand da vendere al miglior offerente.

Di piccoli inizi è fatto il mondo. E cercare di avere una punta di fiducia, a luglio, male non farà a nessuno.

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